E’ molto difficile collocare esattamente la nascita di una PSICOLOGIA DEGLI INFORTUNI, ma sicuramente, la pubblicazione dei libri di Heil e di Pargman, entrambi nel 1993, dedicati per la prima volta esclusivamente a questo argomento, rappresenta un punto di riferimento in tal senso. Di fatto, negli ultimi anni vi è stata un’escalation di attenzione scientifica verso questa direzione ed è aumentato tantissimo il numero degli studi dedicati agli aspetti psicologici correlati all’infortunio sportivo, con un trend di pubblicazioni in costante crescita.
Esistono diverse ragioni alla base di questo interesse della psicologia rispetto a questo fenomeno:
1. La maggioranza degli atleti sperimenta forme più o meno gravi di infortunio nel corso della propria carriera.
Gli infortuni fanno parte del mondo dello sport e rappresentano un momento critico e delicato per l’atleta che si trova a viverli. Dal punto di vista epidemiologico attualmente in Italia sono disponibili pochi dati e sono necessari studi più completi per valutare l’entità del problema e la distribuzione sia nello sport professionistico che amatoriale. “Dal campo”, però, sappiamo che gli infortuni si verificano a tutti i livelli e con un grado variabile di tipologia, frequenza, tipo e gravità.
2. L’infortunio è un evento multifattoriale
Se per tanto tempo ha prevalso una visione strettamente di tipo biomedico, la prospettiva più moderna (e appropriata) è di tipo bio-psico-sociale e riconosce gli infortuni come fenomeni che hanno una connotazione fisica, psichica e sociale.
3. L’infortunio richiede un approccio multidisciplinare.
L’interdipendenza dei fattori fisici, psicologici e sociali che caratterizza l’infortunio, evidenzia l’importanza di un approccio multidisciplinare che consideri, cioè, tutti gli aspetti coinvolti. Nella prevenzione e nella gestione dell’infortunio sportivo, l’integrazione delle competenze permette, infatti, di lavorare sulle strutture e le funzioni fisiche dell’atleta, ma anche di considerare i fattori emotivi e cognitivi e il contesto in cui l’atleta vive.
4. L’infortunio ha un impatto.
Molti studi hanno dedicato attenzione alle implicazioni legate agli infortuni sportivi dimostrando che essi possono avere un impatto sia a breve sia a lungo termine, con possibili conseguenze sulla performance, sulla carriera dell’atleta e più in generale sul suo benessere psicofisico. Inoltre, la ricerca ha dimostrato che gli infortuni sportivi possono avere un impatto non solo a livello del singolo atleta, ma anche a livello di Club (ad esempio sul rendimento di una squadra) e più in generale, di comunità.
5. I fattori psicologici hanno un ruolo all’interno di tutto il processo.
Le ricerche sugli infortuni sportivi in ambito psicologico hanno approfonditamente preso in considerazione tutte le fasi dell’infortunio, evidenziando quanto i fattori psicologici abbiano un’influenza sia nel pre-infortunio che nel post-infortunio. Hanno, cioè, un impatto in termini di prevenzione e riduzione del rischio, ma anche nella fase acuta, di riabilitazione e di successivo ritorno allo sport.
Per lungo tempo bypassati dal primato degli aspetti medici e fisici in genere, oggi i fattori psicologici vengono tenuti in alta considerazione in linea con una più moderna e appropriata visione multifattoriale dell’infortunio e una lettura olistica dello stesso. Rispetto ad ogni momento dell’infortunio, dalla riduzione del rischio fino alla gestione del post infortunio e al ritorno allo sport, la psicologia è sicuramente in grado di fornire input teorici importanti, ma soprattutto è in grado di agire, concretizzandosi in interventi che seguono le linee operative indicate dalle ricerche, secondo precisi obiettivi e metodologie ed in sinergia operativa le altre professionalità presenti (l’integrazione dell’azione dello psicologo dello sport con il resto dello staff per me è basilare).
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